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Dentro al progetto giovanile del Rugby Viadana 1970: intervista a Francesco Iannucci

Francesco Iannucci, aquilano classe 1983, videoanalyst della prima squadra e nuovo direttore tecnico del settore giovanile del Rugby Viadana 1970.

Viadana, Martedì 24 Luglio 2018

A partire da questa stagione, Francesco Iannucci è stato scelto come nuovo Direttore Tecnico di tutto il Settore Giovanile del Rugby Viadana, una figura centrale nell’organizzazione e nel coordinamento della società come polo di eccellenza per la crescita delle persone e degli atleti di alto livello.


Da che punto parte il tuo lavoro?
 
Ieri abbiamo fatto un meeting con tutti gli allenatori e dirigenti dall’under 6 all’under 18 e da oggi iniziamo il lavoro in campo con U16 e U18. 
Ho condiviso con loro il progetto  “Coaching Road” che ci dà gli obiettivi per uno sviluppo del settore giovanile fra dirigenti e tecnici. Questo si sviluppa su 3 ambiti in un percorso a lungo termine che coinvolge un sistema complesso: quali allenatori, quali giocatori e quale gioco che ci caratterizza nel presente e nel futuro

Cosa, secondo te, è davvero importante in questo progetto?

Credo che i contenuti tecnici siano importanti ma ancora di più lo sia il modo per modificare i comportamenti e le abitudini di giocatori ed allenatori.
Vorrei costruire un sistema di persone affascinate dalle nuove sfide che non abbiano paura di sbagliare. 
Sviluppare giocatori che pensano, abituati a ragionare e vivere da atleti, ragazzi che si divertono a giocare a rugby e prendere decisioni nel campo. 
L’obiettivo più importante rimane quello di tutto il movimento nazionale della Federazione Italiana Rugby: formare persone migliori attraverso il gioco del rugby.

Come giudichi il rapporto impostato con le famiglie?

E’ sicuramente uno degli aspetti più complessi da affrontare in un lavoro come questo. La crescita di un giovane è caratterizzata da infiniti cambiamenti legati alla propria emotività, al rapporto con gli altri, alla scuola e molto dalla famiglia di origine. Per cultura, lo stereotipo delle ‘famiglie italiane’ è quello che fa fatica a staccare il cordone ombelicale. 

Di fatto, attraverso il rugby abbiamo un mezzo straordinario per rendere autonomi i ragazzi ed indirizzarli verso valori sani collaborando proprio con i genitori. Le famiglie possono sembrare un ostacolo, in realtà è nostro compito coinvolgerle nel processo di crescita dei ragazzi e renderle un’opportunità. L’importante è condividere funzioni, ruoli e limiti di ognuno.  

Di quali competenze generali ha bisogno un progetto del genere?

Penso che le competenze fondamentali siano quelle legate al rapporto con le persone; queste sono la risorsa più importante di un club ed il mio obiettivo primario è valorizzarle. Appunto il progetto “Coaching Road”, presentato ieri sera ad allenatori e dirigenti, ha tra i diversi scopi, quello di creare legami. Essi si instaurano se ognuno di noi crede nella direzione in cui stiamo andando e si sente protagonista del sistema. 
E spesso sono i legami a fare la differenza!

Un allenatore che sa di avere accanto un Direttore Tecnico non deve preoccuparsi di avere una barriera ma utilizzarlo come sfida per migliorarsi insieme ogni giorno.  La mia funzione sarà quella di supportare la crescita delle persone con un principio molto simile a quello dei giocatori: fare, sbagliare, riprovare a fare senza paura. Nello stesso tempo, sarò esigente sulla formazione continua degli allenatori e sulla creazione di un metodo efficace a supporto di un gioco continuo e divertente.

Per creare un sistema di qualità dobbiamo essere esigenti con noi stessi e lavorare molto. 
Sarà un anno duro in cui qualità e quantità del lavoro faranno la differenza. 
Le sfide ambiziose si vincono con tanto impegno, tutti insieme.